LA SORDITÀ INFANTILE
Cause e conseguenze, diagnosi precoce
Riteniamo coerente le finalità divulgative ed educative della nostra Associazione dedicare il dovuto spazio ad un importante argomento della medicina audiologica, spazio che potrà offrire spunti di informazione e riflessione ai nostri simpatizzanti e sostenitori e soprattutto alle mamme o future mamme. A tal proposito dobbiamo innanzi tutto rassicurare le mamme attuali o future che nonostante i rischi uditivi che in verità esistono e di cui parleremo a lungo, il loro impegno sarà semplicemente di serena ma attenta vigilanza, una gran parte dei fattori di rischio nel bambino sono infatti prevenibili. Il medico ostetrico, audiologo e pediatra sarà in grado, nel dubbio, di offrire i migliori consigli pratici
Come per l’adulto anche per il bambino vi possono essere vari gradi e tipi di ipoacusia, quindi il termine “sordità” non indica necessariamente che si tratta sempre di forme gravi. Anzi per fortuna le manifestazioni statisticamente più frequenti sono lievi o moderate. Sulle ipoacusie severe e profonde però daremo ovviamente maggiore spazio per via delle possibili gravi ripercussioni sull’apprendimento e sviluppo del linguaggio oltre che di tipo sociale. Per la parte diagnostica, cioè per l’Audiometria Infantile, rimandiamo a quanto abbiamo già scritto a proposito dell’Audiometria generale, mentre dedicheremo spazio allo Screening uditivo neonatale, interessante argomento a carattere preventivo e alle Cause di sordità infantile in quanto molto spesso specifiche di questa fascia di età.
(Questo capitolo del sito è stato scritto in collaborazione con la prof. Rosaria Turchetta, audiologa infantile del Policlinico Umberto I e ricercatrice A.I.R.S.; per la parte dello Screening uditivo neonatale, con la d.ssa Francesca Cianfrone otorinolaringoiatra dell’Ospedale San Filippo Neri e con il dr Filippo Mazzei otorinolaringoiatra, ricercatore A.I.R.S.)
LA MATURAZIONE UDITIVA
L’apprendimento fisiologico del linguaggio avviene entro i primi tre anni di vita.
Nei periodi successivi non avviene altro che un perfezionamento e un arricchimento qualitativo e quantitativo.
I primi 2-3 anni corrispondono a quello che può essere definito periodo plasticità neuro-funzionale o di maturazione delle strutture nervose centrali implicate nei processi di apprendimento della comunicazione verbo-acustica.
L’organogenesi riguardante le strutture proprie dell’apparato di trasmissione e di recezione può considerarsi conclusa entro la XX settimana di vita intrauterina. Anche il nervo acustico, le strutture nucleari e le vie del tronco sono ben rappresentate già al momento della nascita, nonostante il non ancora completo processo di mielinizzazione (guaina di rivestimento elettro-isolante) delle fibre nervose. Alla maturazione strutturale e anatomica di tali settori dell’apparato uditivo fa riscontro una sufficiente maturità funzionale. I centri corticali e sottocorticali specifici e associativi non possono altresì essere considerati maturi al momento della nascita. Così i processi integrativi e di identificazione superiore del linguaggio subiranno nell’arco dei primi due anni di vita un continuo perfezionamento funzionale in connessione da una parte all’apporto dall’esterno di un numero elevatissimo di formazioni acustiche significative, dall’altra al proseguimento dei processi di mielinizzazione, sinaptogenesi (formazione delle connessioni, o sinapsi, fra un neurone e l’altro, così importante per la connettività fra un’area e l’altra del cervello) e aumento del numero dei neuroni a carico della corteccia cerebrale uditiva. E’ interessante sapere che una modernissima branca delle neuroscienze, la “Connettomica”, si sta occupando delle mille connessioni all’interno del nostro cervello fra le diverse aree, reti nervose e network che fra di loro collaborano per raggiungere determinate finalità; non solo connessioni anatomiche ma anche connessioni (connettività) funzionali. E’ uno dei capitoli neuroscientifici più suggestivi e immaginiamo che presto possa dare il proprio contributo anche nell’ambito della maturazione del sistema uditivo e delle ripercussioni che in un bambino un difetto uditivo sensoriale può provocare sul Sistema Nervoso Centrale.
LE PRIME FASI DI SVILUPPO DEL LINGUAGGIO
La mamma può già apprezzare l’evoluzione di queste fasi, la logopedista ne farà oggetto di analisi. Durante il primo anno nel bambino si attua una fase linguistica di assimilazione, comprensione e memorizzazione basata principalmente sulle esperienze visive e uditive. Nel tempo successivo verranno messe in atto tali esperienze ed il bagaglio linguistico assimilato potrà iniziare ad “esprimersi” verbalmente con carattere di gradualità progressiva mentre i processi associativi o cognitivi continueranno ad essere coinvolti anche se in misura minore.
Schematicamente gli step salienti dello sviluppo del linguaggio sono i seguenti: 1) il pianto alla nascita come espressione vitale fono-respiratoria; 2) il grido ed il pianto del primo mese rappresentano l’inizio della comunicazione sociale e la modulazione della voce è motivata; 3) verso i 2 mesi è presente una vocalizzazione fatta di suoni gutturali della durata di parecchi secondi; 4) è verso i 6 mesi che inizia la vera e propria fase di comprensione o, come è stata definita, di “impregnazione linguistica”; è il periodo della “lallazione” cioè del gioco e allenamento audio-vocale; il bambino è attento all’intonazione a la significato di ciò che gli si dice e del mondo sonoro; 5) a 12 mesi inizia la fase “locutoria” o “espressiva”: il bimbo dice “mamma” e “papà” e obbedisce agli ordini semplici ; 6) il suo vocabolario è di 20-50 parole entro i 18 mesi; 7) compare la frase, che verso i 2 anni e mezzo è composta già di 3-4 parole; 8) a 3 anni il bambino usa la frase grammaticalmente completa e la parola “io” prende coscienza della propria esistenza sociale.
IMPLICAZIONI CLINICHE, COMUNICAZIONALI E SOCIALI
Da quanto detto nell’arco di tempo dagli 0 ai 3 anni una sordità ha le maggiori possibilità di provocare ritardi e deviazioni del linguaggio ed è in questo periodo che una riabilitazione acustica e logopedia ha le migliori possibilità di recupero funzionale e sociale (periodo massimo di plasticità neuro-linguistica).
Ma la gravità degli effetti provocati dalla sordità sul linguaggio, legati come si è detto alla rottura del controllo o feed-back audio-fonatorio ed alla privazione acustica del modello linguistico, non dipende esclusivamente dai fattori cronologici, temporali, ma anche dei caratteri qualitativi e quantitativi della sordità stessa. Se infatti è vero che quanto più l’ipoacusia insorge precocemente tanto più risulterà compromesso l’apprendimento linguistico è pur vero che un deficit uditivo di lieve o media entità avrà ripercussioni sui poteri comunicativi verbali di molto inferiori di quelle provocate da sordità che privino totalmente della percezione dei suoni le cui frequenze sono comprese nello spettro acustico della parola. Nelle ipoacusie gravi che coinvolgono maggiormente le alte frequenze, come succede caratteristicamente nelle ipoacusie neurosensoriali, si avranno più evidenti ripercussioni sull’ascolto e intellegibilità dei suoni verbali consonantici (più importanti del suono delle vocali), e una sorta di compensazione nel cogliere gli elementi ritmici, melodici (quella che si chiama prosodia), nel caso contrario il bambino avrà meno difficolta nella intellegibilità ma potrebbe essere svantaggiato nel cogliere gli importanti elementi prosodici. I vari livelli di disturbo del linguaggio eventualmente presenti (mancato inizio dell’eloquio, arresto totale o rallentamento dello sviluppo del linguaggio, disturbi dell’articolazione o dislalie e dell’intonazione) dipenderanno quindi dalla combinazione di questi vari fattori.
Una precisazione finale riteniamo sia necessaria: la parola “sordomutismo” è inesorabilmente in disarmo terminologico e concettuale; è residualmente usata, onde riconoscere per fini istituzionali (enti previdenziali e assistenziali) quella categoria di handicap uditivi ad insorgenza precoce che, per scelte linguistico-culturali [si è data preferenza per esempio alla lingua dei segni], o per particolare complessità del problema o per impossibilità pratiche, non ha usufruito delle strategie di riabilitazione uditiva e del linguaggio; il “mutismo”, cioè l’impossibilità o incapacità potenziale di usare il linguaggio parlato infatti presente nella sordità infantile grave precoce non costituisce una patologia associata al grave deficit uditivo ma solo una manifestazione conseguenziale.
Oggi è possibile, come si vedrà, effettuare una individuazione del problema già alla nascita, quando la sordità è congenita (screening uditivo neonatale), o comunque impiegare moderne strategie di diagnosi precoce. In tal modo iniziando, entro 12-18 mesi di vita nelle forme ad insorgenza precoce, un tempestivo iter di trattamento protesico (piccolo apparecchio acustico), implantologico (impianto cocleare) e riabilitativo logopedico, si dà la possibilità al bambino ipoacusico di udire ed apprendere gran parte dei suoni della vita e della parola; quindi di sviluppare quanto più fisiologicamente possibile, il linguaggio orale e le strutture comunicative convenzionali, con il fondamentale aiuto del logopedista.
LE CAUSE DI SORDITÀ INFANTILE
Come abbiamo sottolineato all’inizio vogliamo rassicurare le mamme o le future mamme che nonostante i rischi uditivi che in verità in determinate situazioni esistono, come qui appresso vedremo, una buona conoscenza e una serena ma attenta, non esasperata, vigilanza, saranno sufficienti a prevenire una gran parte dei fattori di rischio.
Le cause di sordità infantile sono convenzionalmente raggruppate in tre categorie cronologiche: a) cause pre-natali (che agiscono al momento del concepimento o durante la gravidanza); b) cause peri-natali (che insorgono nelle fasi immediatamente antecedenti o successive al parto o durante il parto stesso); c) cause post-natali (di gravità molto variabile da caso a caso su cui molto può incidere l’elemento cronologico di insorgenza dopo la nascita).
A) Cause Pre-natali
Forme genetiche. Sono principalmente di due tipi: la sordità detta recessiva e quella detta dominante. La recessiva si trasmette con un meccanismo genetico recessivo, vuol dire in pratica che è presente in pochi membri all’interno dell’albero genealogico, ma è grave fin dalla sua insorgenza; non evolve nel tempo. Le forme cosiddette dominanti si trasmettono con meccanismo genetico dominante, per cui sono riscontrabili in molti membri della famiglia, hanno carattere evolutivo iniziando magari da una ipoacusia lieve o media e poi raggiungere nei successivi 12-13 anni livelli man mano più gravi. Sono entrambe forme congenite e quindi diagnosticabili alla nascita (vedi appresso “lo screening neonatale”) ma la differenza sostanziale fra i due tipi riguarda le ripercussioni sull’apprendimento e sviluppo del linguaggio; infatti come abbiamo detto la forma recessiva è generalmente grave sin dalla nascita, pertanto è inevitabile che produca conseguenze ben più serie della forma dominante che determina i suoi effetti più gradualmente nel tempo; i suoni e la struttura del linguaggio non risultano compromessi ed al massimo si verificherà una lieve regressione.
Ma un’altra distinzione che oggi si può fare è fra le ipoacusie non sindromiche (le forme in cui la sordità è l’unica manifestazione clinica) ed è quasi sempre di tipo neurosensoriale, e quelle sindromiche (nelle quali l’ipoacusia si associa ad altre patologie o disfunzioni con quadri caratteristici), e può essere a seconda del tipo di sindrome una ipoacusia neurosensoriale o mista o trasmissiva. Un notevole progresso nelle conoscenze è stato compiuto negli ultimi anni sia nel settore delle sordità sindromiche, che costituisco il 30% delle sordità congenite, (ne sono descritte ormai 300-400), sia in quello delle sordità isolate, non sindromiche, che costituiscono il rimanente 70%. Su queste ultime soprattutto si è però concentrata l’attenzione dei genetisti. Volendo incrociare i dati tra le due modalità di trasmissione genetica (recessiva o dominante) con le manifestazioni cliniche in quadri sindromici e non sindromici si è potuto dimostrare che l’80% delle forme isolate sono trasmesse con carattere recessivo, mentre il 20% con carattere dominante. In linea generale si può affermare che le forme più gravi alla nascita sono quelle non sindromiche e recessive, pertanto più difficili da identificare nell’anamnesi familiare. Le mutazioni geniche più frequentemente riconosciute come responsabili di sordità non sindromiche sono quelle che alternano le “connexine” cioè le strutture proteiche che contribuiscono a connettere il citoplasma di cellule uditive adiacenti (gap junctions) consentendo la diffusione di ioni e molecole. Alcune di queste alterazioni, probabilmente tra le più importanti, sono state messe in luce recentemente. Le alterazioni più note sono GJB2, nota come “connexina 26”, scoperta nel 1997 e la GJB6, nota come “connexina 30”. Rara nel bambino, più frequente nell’adulto, è una mutazione del DNA mitocondriale, la più nota è la A1555G; l’assunzione di farmaci ototossici in particolare di antibiotici “aminoglicosidici” in gravidanza viene additata come una delle possibili cause di questa mutazione. Oggi le indagini rivolte alle mutazioni GJB2, GJB6 e A1555G hanno un elevato valore clinico-preventivo, sono facilmente eseguibile e costituiscono la premessa conoscitiva ed operativa per quelle che saranno, ci si auspica, i prossimi approcci di terapia genica.
A proposito delle forme sindromiche, cioè quelle forme di ipoacusia che si accompagnano o si associano ad altre manifestazioni malformative a carico di vari organi (occhi, reni, cuore, ossa, etc.): si tratta in genere di ipoacusie neuro-sensoriali ma talvolta, quando si accompagnano al alterazioni malformative ossee, possono avere carattere misto o trasmissivo. I quadri sindromici descritti sono molto numerosi; solo a titolo esemplificativo ne citiamo alcuni:
a) la sindrome di Hurler (sordità associata ad alterazioni del metabolismo dei carboidrati e a distrofia ossea)
b) la sindrome di Waardenburg (sordità, alterazioni del metabolismo degli aminoacidi, albinismo, eterocromia dell’iride)
c) sindrome di Usher, sindrome in cui alla sordità è associata la retinite pigmentosa da sola o altri disturbi quali ritardo mentale, obesità, diabete
d) la sindrome di Alport (sordità e nefropatia congenita);
e) la sindrome di Treacher-Collins o di Franceschetti (sordità e disostosi mandibolo-facciali);
f) la sindrome di Van Der Hoeve o osteogenesis imperfecta (sordità, sclere blu, fragilità ossea).
Forme da causa infettiva. Secondo gruppo di cause in ordine di frequenza tra le pre-natali sono le cause infettive. Le noxae infettive, virali o batteriche possono agire nel periodo pre-natale, con arresto dello sviluppo dell’organo uditivo o con l’induzione di alterazioni malformative.
Tali agenti o i loro prodotti tossici possono infatti superare facilmente il filtro placentare ed agire quindi direttamente sull’embrione o sul feto. Le forme virali sono senz’altro più gravi, ma non è escluso che anche alcune forme batteriche possano portare, a seconda dei casi, conseguenze molto serie sull’apparato uditivo.
La malattia di gran lunga più nota è la rosolia, malattia virale che, se colpisce la madre nelle prime settimane di gestazione, dalla III fino alla X settimana (periodo di sviluppo intrauterino dell’organo uditivo), può dar luogo a manifestazioni molto gravi non solo a carico dell’apparato uditivo ma anche di altri organi, come quello visivo (cataratta congenita) e quello cardiaco (manifestazioni malformative cardiache). Questo triplice quadro patologico viene tradizionalmente indicato come “triade di Gregg”, dal nome di un oculista che per primo ne ha fatto una descrizione. Da qui deriva il corretto orientamento profilattico ormai consolidato, di vaccinare i bambini in concomitanza con le vaccinazioni di legge, anche contro la rosolia, per eliminare o ridurre il rischio di conseguenze come quelle che abbiamo descritto.
Una malattia altrettanto degna di nota è quella determinata da Citomegalovirus: la propagazione avviene per via ematica o transplacentare, mentre la trasmissione orizzontale avviene al momento del parto o durante l’allattamento. Si tratta di una grave infezione in grado di determinare, oltre a sordità, ritardo mentale, epatite, anemia, alterazioni neurologiche, e retinite. E’ malattia molto insidiosa in quanto le prime manifestazioni possono essere tardive, a distanza di mesi o di anni.
Tutte le altre malattie esantematiche e non, virali e batteriche, (scarlattina, varicella, morbillo, influenza virale, parotite epidemica, tifo, paratifo) sono in grado di determinare, con una incidenza variabile e in genere non trascurabile, degenerazioni irreversibili delle strutture uditive periferiche neurosensoriali dell’embrione e del feto. È da ricordare infine la Toxoplasmosi, malattia parassitaria, come possibile e non raro agente di sordità congenita. L’infezione viene trasmessa al feto attraverso la placenta quando viene contratta dalla madre nel periodo del concepimento.
Forme da agenti tossici. Quelli iatrogeni in particolare, cioè legati a procedimenti terapeutici. Tra questi agenti quelli farmacologici occupano il primo posto. L’assunzione di farmaci in gravidanza deve essere quindi assolutamente sporadica e deve essere indicata tassativamente da un’esigenza contingente, deve essere controllata dal medico curante e deve in ogni caso escludere tutti quei farmaci che notoriamente o potenzialmente sono in grado di determinare una ototossicità (tossicità sulle strutture sensoriali della coclea e/o del nervo acustico). Farmaci ototossici sono tra gli antibiotici quelli del gruppo degli aminoglicosidici come la streptomicina, diidro-streptomicina, la kanamicina, la neomicina, la gentamicina, ed altri; altri antibiotici, non aminoglicosidici, come i macrolidi e i chinoloni, possono mostrare effetti ototossici; fra i farmaci non antibiotici il comunissimo acido acetil-salicilico o aspirina ed il chinino, ma anche alcuni diuretici (cosiddetti diuretici dell’ansa). E’ bene sapere che nell’ambito dell’ototossicità da farmaci esiste un importante fattore di suscettibilità individuale, spesso genetica, che può rendere più vulnerabile l’organo bersaglio anche a dosaggi più ridotti e per brevi periodi di cura.
Tra i fattori non farmacologici si annoverano gli agenti fisici come le radiazioni Rx (massima attenzione alle radiografie e alle TAC) e nucleari (radioterapia); tra quelli alimentari le intossicazioni da piombo.
In tutti questi casi i procedimenti di tutela sono unicamente preventivi, basati sull’informazione della mamma e sulla vigilanza del medico ostetrico. Ad azione tossica avvenuta purtroppo sono estremamente scarse, quasi nulle, le risorse terapeutiche.
Forma legata ad eritroblastosi fetale o ittero emolitico. In effetti potrebbe essere considerata una malattia uditiva di natura tossica ma è bene inquadrarla a parte per le sue peculiarità cliniche. La malattia, non più così frequente come una volta, si manifesta in periodo pre-natale per incompatibilità tra il sangue materno e quello fetale per il gruppo sanguigno Rh. Le prime manifestazioni occulte si verificano appunto antecedentemente alla nascita del bambino: gli anticorpi anti-Rh che si vengono a creare attaccano i globuli rossi che a loro volta liberano nel sangue circolante (emolisi) del feto una elevata quantità emoglobina (che si trasforma in bilirubina, tossica per le cellule dell’organismo). Ce ne accorgiamo nel momento in cui il bambino nasce, con un ittero molto accentuato e con una sindrome neurologica complessa legata al fatto che i pigmenti liberati dall’emolisi si vanno a depositare in strutture nervose, nuclei uditivi e aree cerebrali, fegato e reni non sono capaci di gestire uno smaltimento così massivo di emoglobina. Il quadro che si viene a delineare, in certi casi di particolare gravità, è quindi quello dell’ittero nucleare. La sordità che ne deriva è tanto più complessa in quanto accompagnata da altri sintomi di interessamento nervoso e neuro-muscolare; si tratta di una sordità in parte della periferia cocleare ma soprattutto di tipo centrale.
Il lato positivo è che per questa patologia sono attuabili strategie di prevenzione secondaria: ove si metta in evidenza un’incompatibilità sanguigna Rh materno-fetale la donna può essere controllata molto scrupolosamente e se le indagini (test di Coombs, l’amniocentesi, od altro) metteranno in evidenza sofferenza fetale, il parto va assolutamente anticipato, onde esporre al minor rischio possibile il feto.
B) Cause Peri-natali
Sono quelle che insorgono nelle fasi immediatamente antecedenti o successive al parto o durante il parto stesso. Fra queste cause ricordiamo traumi da parto, principalmente da errata o forzata applicazione di forcipe sulle strutture craniche che ospitano l’organo uditivo. È una patologia in diminuzione in quanto sempre più si ricorre al taglio cesareo allorché si incontrano serie difficoltà all’espletamento del parto.
Fra le cause peri-natali, ricordiamo anche la prematurità o dismaturità: un bambino dismaturo, o in quanto nato precocemente o in quanto nato in epoca normale ma sotto peso (in genere è il concetto del peso quello che meglio fornisce la misura della dismaturità), è sempre un neonato a rischio sotto il profilo audiologico. Il processo attraverso il quale si viene a determinare la sordità è simile a quello chiamato in causa nella eritroblastosi fetale, in quanto la liberazione e deposizione di bilirubina (questa volta in quantità fisiologiche) non è accompagnata da un adeguato smaltimento da parte dei complessi enzimatici a causa appunto dell’immaturità generale e metabolica e biochimica del bambino (fegato e reni sono anch’essi immaturi). Una sofferenza da anossia comunque può aggiungersi al precedente in quanto potenzialmente immaturo per una respirazione autonoma. Gli esami morfologici ecografici periodici durante la gestazione già possono monitorare problematiche di sviluppo del feto, tali problematiche vanno adeguatamente gestite ed il parto prematuro spesso diventa una necessità. Ovviamente i rischi maggiori riguardano le nascite fortemente anticipate per le quali comunque i protocolli normalmente impiegati garantiscono sufficientemente un allontanamento di rischi di danni sensoriali.
Un’altra patologia che può agire al momento della nascita, o poco prima, è l’anossia o ipossia peri-natale. Sarebbe lungo elencare tutte le cause che possono provocare un’anossia nel momento del parto o nei momenti immediatamente precedenti o successivi; ricorderemo: difetti nel trasporto di ossigeno nella mamma e nel bimbo per malattie anemiche; tutte le insufficienze cardio-circolatorie della mamma; difetti circolatori del bambino stesso per malformazioni congenite; le gravi insufficienze respiratorie materne e del neonato; torsione del cordone ombelicale, etc.
Anche qui si potranno determinare danni di tipo centrale in quanto sono le strutture sensoriali centrali quelle ad essere maggiormente compromesse da una scarsa ossigenazione che perduri per un certo periodo di tempo. Anche nel caso di ipossia però la sofferenza fetale se prevenuta tenendo sotto controllo durante la gestazione i vari fattori che abbiamo elencato, soprattutto quelli cardio-circolatori e respiratori, potrà non provocare danni o conseguenze funzionali; i protocolli consolidati di trattamento nelle terapie intensive neonatali sono tali da ridurre al minimo il rischio sensoriale.
C) Cause Post-natali
Il rischio, a volte blando a volte più stringente, di ipoacusia da cause tossiche e da cause infettive batteriche e virali, nel neonato e nel bambino non è da sottovalutare: i farmaci ototossici sono pressoché gli stessi già esaminati nel periodo pre-natale; anche se l’aggressione all’apparato uditivo periferico, ormai già maturo e formato alla nascita, segue percorsi lesivi diversi. Anche gli agenti infettivi non si diversificano, ma ad essi si aggiungono alcune patologie a rischio che agiscono preferibilmente dopo la nascita come ad esempio la meningite cerebro-spinale, la tubercolosi; poi la parotite epidemica (“orecchioni”)che è proprio tipica dell’età pediatrica e che caratteristicamente dà luogo ad una ipoacusia monolaterale. Altre malattie virali, come l’Herpes zooster, sembrano agire maggiormente sul bambino che sul feto; il Citomegalovirus (CMV) appare a volte come un agente post-natale ma in effetti come abbiamo già visto si tratta di una infezione pre-natale le cui manifestazioni cliniche sono quasi sempre ingannevolmente tardive in epoca post-neoatale o più tardivamente ancora; importante quindi un suo monitoraggio alla nascita. Il CMV fa parte quindi del gruppo di malattie infettive congenite ad insorgenza clinica tardiva, che pone alcune problematiche nello screening neonatale in quanto spesso asintomatico e impone strategie di sorveglianza post-natale.
Una serie di eventi patologici di tipo acquisito che rientrano fra le cause post-natali sono: le manifestazioni infiammatorie dell’orecchio interno e del nervo acustico: sono le cocleo-labirintiti, le neuro-labirintiti e le nevriti del nervo acustico, che possono riconoscere alcune della cause virali già esposte sopra. E’ doveroso però accennare anche alle otiti, cioè alle infiammazioni dell’orecchio medio (cassa timpanica) in quanto molto frequenti in età pediatrica ma, se da una parte solo raramente determinano ipoacusie importanti e persistenti non trattabili, dall’altra non è escluso però che possano dar luogo a complicanze se risultano resistenti alle terapie o sono provocate da batteri aggressivi. Costituisce una complicanza la cronicizzazione e l’aggravamento dell’ipoacusia, la formazione di un colesteatoma nella cassa timpanica (è una formazione non tumorali ma espansiva ed erosiva) non infrequenti nel bambino da avviare ad intervento chirurgico previo studio TAC dell’orecchio.
Patologia acquisita piuttosto frequentemente è il trauma acustico, cioè da esposizione per breve tempo a livelli sonori molto elevati (oltre i 110-120 dB) ed il trauma acustico cronico per esposizioni a livelli meno elevati, ma per i tempi più lunghi (attenzione quindi ai giocattoli sonori soprattutto di fabbricazione extracomunitaria e che comunque è bene che il bimbo non porti all’orecchio!).
Cause accidentali sono i traumi cranici e i traumi meccanici del timpano (attenzione: l’uso dei bastoncini cotonati va bandito!).
Tutte le forme di ipoacusia post natale sono identificabili precocemente se segnalate dalla mamma al pediatra in base a segni sospetti o colte direttamente dal pediatra nei controlli periodici: con idonee strategie di audiometria infantile, con l’impedenzometria e le altre metodiche di audiometria obiettiva dopo aver effettuato una accurata ispezione dell’orecchio (otoscopia).
Ma qui di seguito riportiamo sinteticamente una strategia e relativa metodica che ha aperto un rivoluzionario capitolo nella “individuazione ultra-precoce” delle sordità congenite (1-1,5 x1000 delle nascite). E’ un argomento a cui l’A.I.R.S. ha dedicato molto interesse ed notevoli energie.
LO SCREENING UDITIVO NEONATALE
La possibilità di effettuare una moderna individuazione di ipoacusia già alla nascita si è affacciata sperimentalmente negli anni ‘80-’90 ma operativamente negli anni successivi, in corrispondenza della dimostrata affidabilità nell’impiego in tale campo delle Emissioni Otoacustiche (OAE). Si è già scritto in questo sito della grande novità scientifica e clinica introdotta dalla scoperta (David Kemp, 1979-80) dei piccoli segnali acustici provenienti dalla coclea e precisamente dal gruppo di cellule ciliate (cellule ciliate “esterne”) più vulnerabili e funzionalmente più importanti, localizzate nell’Organo del Corti. Ebbene si è immediatamente dimostrato che questi flebili segnali sonori, provenienti dalla profondità della coclea ma facilmente registrabili nel condotto uditivo esterno sono presenti sin dalla nascita ma sono evidenziabili unicamente se le cellule che li generano sono sane. Da qui il passo verso una loro utilizzazione come metodica di screening uditivo neonatale è stato piuttosto breve, anche in considerazione che la loro analisi, soprattutto con la tecnologia che ha fatto progressi rapidissimi, è diventata veloce e assolutamente non invasiva [la tecnica è diventata automatica (A-OAE)] e in funzione del fatto che le Emissioni forniscono una indicazione dello stato di salute proprio della coclea che, come sappiamo è l’organo che di gran lunga risulta essere colpito dagli eventi lesivi del feto e del neonato. L’affidabilità nel poter individuare i casi affetti nell’intera popolazione di neonati (“screening universale”) è molto elevata superando il 90-95%; si tratta di una valutazione preliminare del rischio di presenza di un danno uditivo alla nascita, quindi di ipoacusie pre-natali o perinatali da parto. Pertanto all’eventuale positività del test di screening deve seguire un protocollo strategico diagnostico vero e proprio, preceduto se possibile da un ulteriore stadio di screening (2° livello). Il percorso deve essere tale, se il forte sospetto venisse confermato, da intraprendere possibilmente entro gli 8-12 mesi di vita (periodo di plasticità pre-linguistica) un tempestivo percorso terapeutico-riabilitativo.
Il test è effettuabile già da 1 a 3 giorni dalla nascita, nel nido, non è minimamente invasivo e può essere eseguito mentre il neonato dorme; non dura in media di più di 5-10 minuti, nei neonati più a rischio sottoposti a terapia intensiva viene eseguito un po’ più tardi prima della dimissione, dura di più in quanto al test delle A-OAE viene affiancato, per via del maggiore rischio uditivo, un ulteriore tipo di test di screening, i potenziali uditivi automatici (A-ABR).
Un progressivo impegno sia da parte delle amministrazioni sanitarie regionali che del Ministero della Salute ha permesso di far decollare Programmi Regionali di Screening Uditivo Neonatale a carattere “universale”. Attualmente si stima che il 70 % almeno della popolazione neonatale su tutto il territorio nazionale, ma probabilmente il numero è sottostimato, sia sottoposta a questo tipo di screening nei reparti ospedalieri di nascita e uno largo numero di Regioni si sono date un’organizzazione nell’ambito di ciascun Programma Regionale di Prevenzione. Per esempio la Regione Lazio più vicina al nostro territorio di competenza, ha emanato già qualche anno fa il DGR n. 115/2012 «Linea di azione Screening uditivo neonatale universale» e Linee Guida di attuazione che periodicamente vengono aggiornate; sono state individuale, come in tutte le Regioni attualmente attive, le strutture ospedaliere di screening di 1° e di 2° livello e le strutture di riferimento per il management successivo.
Considerando l’elevato numero di neonati positivi sia al test che alla conferma successiva (1-1,5 su 1000 neonati apparentemente sani, (cosiddetti well baby) e 10 volte di più nei bambini ad alto rischio (terapia intensiva neonatale) si può facilmente intuire la grande rilevanza medico-preventiva e medico-sociale di questo approccio.
L’A.I.R.S. in questa vittoriosa battaglia di politica sanitaria non solo non si è mai tirata indietro ma anzi è stata sempre forte promotrice attiva. Il suo presidente, Prof Cianfrone, ha partecipato attivamente a numerosi tavoli di lavoro ministeriali.
Le forme ereditarie costituiscono ancora oggi, nell’ambito delle sordità infantili, un capitolo estremamente importante e per molti aspetti ancora oscuro. Importante perché almeno una sordità infantile su quatto ha una matrice genetica oscura perché quasi certamente questa stima non corrisponde alla realtà: c’è la convinzione che il ruolo sostenuto dai fattori genetici vada ben oltre le percentuali comunemente riportate.
La maggior parte delle forme acquisite prenatali infettive è provocata da un gruppo di agenti infettivi conosciuto come complesso TORCH (toxoplasmosi -rosolia – citomegalovirus – herpes virus). Questi agenti infettivi se contratti dalla madre e trasmessi al feto tramite la placenta possono causare sordità ed altre problematiche.
Durante il parto una diminuzione della quantità di ossigeno può provocare sordità così come l’ittero.
Dopo la nascita le cause infettive che possono portare sordità sono essenzialmente la parotite, il morbillo, la meningoencefalite.
Parallelamente vediamo sommariamente come avviene lo sviluppo della comunicazione verbale:
COMPRENSIONE
Reagisce a rumori intensi
Si calma quando sente la voce materna
Sorride alla vista della mamma e dei familiari
PRODUZIONE
Piange quando ha fame o ha un malessere
Borbotta emette suoni gutturali, sospiri
Produce qualche suono vocalico
COMPRENSIONE
Sussulta o piange a rumori intensi
Interrompe la sua attività in presenza di suoni o parole
Localizza una fonte sonora girando il capo gira la testa verso il lato di provenienza del suono
Si calma e si acquieta sentendo la voce della mamma
Ride e si agita quando sente la musica
Reagisce alla preparazione della “pappa”
Inizia a comprendere alcune intonazioni (es. rimprovero, complimento ecc.)
PRODUZIONE
Emette sospiri, gridolini, borbottii
Piange in modo differenziato (dolore, disagio, fame ecc.)
Produce suoni vocalici
COMPRENSIONE
Cerca la sorgente dei suoni familiari
Sembra ascoltare la conversazione fra adulti e presta attenzione ai rumori
Si diverte con giochi sonori
Sembra riconoscere parole come ciao mamma papa
Riconosce e risponde al suo nome
Sembra comprendere dalla voce intonazioni amichevoli o di rimprovero
Incomincia a comprendere il “no”
PRODUZIONE
Ripete 4-5 volte una sillaba (lallazione)
Sembra giocare nel produrre suoni
Imita ciao con la mano
Usa vocali
Inizia a produrre qualche suono consonantico (P B M)
COMPRENSIONE
Gira testa e spalle verso la sorgente sonora
Reagisce al suo nome
Reagisce a suoni familiari (telefono, campanello ecc.)
Comprende ordini semplici (dammi, prendi ecc.)
Sembra riconoscere il nome di alcuni oggetti comuni e dei componenti della famiglia
Mostra interesse agli oggetti nel caso in cui vengano nominati
PRODUZIONE
Aumenta la lallazione e può sembrare come se stesse realmente parlando in quanto varia l’intonazione e l’intensità della voce
Si diverte ad imitare suoni, versi di animali sillabe
Incomincia a rispondere con vocalizzo se chiamato per nome
Scuote la testa per indicare “si” o “no”
Produce le prime parole (mamma papa)
Ride molto, fa ciao gioca a battere le mani
Imita il bacio
Oltre alle vocali riesce a produrre P B M T D
COMPRENSIONE
Capisce, “no”, qualche parola, brevi frasi e ordini semplici
Comprende semplici richieste a cui può rispondere con cenni del capo
Dà un giocattolo su richiesta
Si muove aritmicamente al suono della musica
Ama ascoltare brevi storie, filastrocche e canzoncine
PRODUZIONE
Inizia la vera comunicazione
Imita parole familiari
Dice mamma papa qualche altra parola e tenta di denominare gli oggetti
Usa sequenze di quattro o più sillabe senza significato reale ma con una struttura melodica tipica delle frasi dell’adulto
Ama riprodurre suoni e rumori degli oggetti e i versi degli animali
Parla anche solo davanti ad uno specchio e ai giocattoli
Pronuncia le consonanti M N P B T D C G
COMPRENSIONE
Su richiesta verbale sceglie e prende oggetti
Indica alcune parti del corpo
Comprende semplici richieste (dov’è la palla?), ordini semplici (prendi la palla) e il significato di molte parole
Conosce l’idea di categoria (la mela è un alimento, il cane un animale, ecc.)
Comprende molte più parole di quelle che produce
PRODUZIONE
Usa frasi di due parole
Può usare una parola per esprimere più di un significato (parola-frase) ad esempio acqua può significare ho sete ma anche guarda l’acqua
Dice almeno 50 parole anche se non correttamente articolate
Le parole prodotte sono quasi tutte composte di due sillabe
Il suo linguaggio è poco comprensibile agli estranei
Pronuncia i fonemi M N P B T D C G F V
COMPRENSIONE
Su richiesta scegli un oggetto tra 5
Comincia a comprendere la differenza tra “tu” e “io”
Indica su comando varie parti del corpo
Comprende molte frasi complesse (quando arriva papa ti porta ai giardini)
Si diverte ad ascoltare semplici storie illustrate
PRODUZIONE
Usa frasi di due-tre parole
Usa frasi negative (non vado, non voglio, ecc.)
Ripete frasi e parole sentite dall’adulto anche se non ne comprende il significato
Comincia a chiedere “cos’è questo, dov’è” ecc.
Usa almeno 100 parole e più anche con più di due sillabe
Usa aggettivi, preposizioni, pronomi, avverbi
Oltre ai fonemi già usati compaiono L e S
COMPRENSIONE
Sembra comprendere la maggior parte di ciò che gli viene detto
Comincia a comprendere parole come dentro, sotto, sopra, ecc.
Comincia ad identificare gli oggetti dall’uso (risponde a domande tipo con che cosa mangi?)
Attribuisce significato ai numeri
PRODUZIONE
Usa la frase contratta fatta di tre-quattro parole senza articoli e preposizioni (bambino andata a casa)
Denomina i colori
Usa “io” al posto di “me”
Tende ad articolare le parole in modo esagerato
Ai fonemi si aggiungono CI GI Z
COMPRENSIONE
Comprende una semplice storia
Esegue due istruzioni correlate (prendi/dammi)
Comprende il concetto di tempo (ora, dopo, d’estate, ecc.)
Localizza la sorgente sonora di un suono o di un rumore
Incomincia a capire frasi con preposizioni (metti il libro sotto la sedia)
Conosce il nome dei colori
Raggruppa per categoria semplici oggetti (animali, alimenti, ecc.)
PRODUZIONE
Si esprime con frasi complete di 3-4 parole
Usa verbi al presente e passato
Usa verbi semplici, pronomi, aggettivi
Sa dire nome e cognome
Sa ripetere filastrocche e canzoncine
Sa raccontare un a storia
Parla spesso da solo
Chiede spesso “cos’è” anche se conosce già la risposta
Ha un vocabolario di circa 1000 parole
Ai fonemi già presenti si aggiunge R GL GN
COMPRENSIONE
Esegue ordini anche se gli oggetti non sono presenti
Capisce “al mattino” “la sera” ecc.
Comprende i verbi al passato, presente futuro
Conosce la differenza tra singolare e plurale
Comprende “al lato” “in basso” “in mezzo” ecc.
Conosce l’uso di oggetti familiari (prendi quella cosa che serve per..)
Conosce la maggior parte dei colori
PRODUZIONE
Le frasi sono complete e formate da 4-5 parole
Usa frasi complesse
Usa il passato prossimo (ho dormito ho mangiato ecc.)
È in grado di raccontare una esperienza recente
Chiede “perché” e “chi?”
Chiede il significato delle parole
Gli piace denominare le cose che vede
Incomincia ad usare il “perché” esplicativo (ho mangiato perché avevo fame”
Le parole usate sono 1500 circa
Conta fino a 5
Pronuncia tutti i fonemi anche se qualcuno con difficoltà
COMPRENSIONE
Comprende la maggior parte di ciò che sente
Esegue tre istruzioni date contemporaneamente
Comprende concetti quali: in, sopra, sotto, di fronte a, dietro a, ecc.)
Conosce i contrari (alto-basso, duro-morbido ecc.)
Raggruppa cose secondo la differenza e similarità
Apprezza l’umorismo
Si diverte ad ascoltare favole
Comincia a capire destra e sinistra
Segue la trama di storie televisive
PRODUZIONE
Le frasi sono complesse e formate da più parole
Usa verbi al passato presente futuro
Possiede una grammatica che si avvicina a quella dell’adulto
Il suo linguaggio è comprensibile al 90% agli estranei
Pone molte domande
Definisce gli oggetti per il loro uso (con la forchetta si mangia, con la palla si gioca, ecc.)
È in gradi continuare una conversazione se le parole non sono molto difficili
Sa dare definizioni e spiegazioni
Pronuncia correttamente tutti i fonemi tranne rare eccezioni
Riflettiamo soffermandoci un momento sulla tabella appena esposta.
Appare evidente il ruolo fondamentale dell’orecchio nell’evoluzione della produzione e comprensione linguistica. Fin dai primi giorni di vita si innesca un gioco causa-effetto tra le stimolazioni uditive, le risposte del neonato, il rinforzo da parte dell’adulto, l’organizzazione di queste risposte sempre più complesse.
Si evince come l’inizio di questo “gioco” trovi nella stimolazione uditiva un veicolo essenziale.
Alla nascita l’orecchio è come una porta aperta a tutti i suoni dell’ambiente, molto velocemente i suoni che entrano da questa porta vengono organizzati, scelti, suddivisi in categorie grazie all’azione della via centrale uditiva, della corteccia uditiva e delle varie aree del cervello che intervengono in questo fantastico complesso meccanismo. La stimolazione ambientale, lo stesso autoascolto agiscono da rinforzo, aumento della produzione e organizzazione sempre più complessa delle produzioni.
Un mancato funzionamento dell’organo dell’udito ostacola evidentemente questo delicato e complesso processo perciò essere in grado di conoscere già dai primi giorni di vita del bambino se l’organo dell’udito presenta delle alterazioni riveste una importanza fondamentale perché ci dà la possibilità di agire così precocemente da garantire che lo svolgimento delle fasi di sviluppo della comunicazione linguistica e l’utilizzo dell’organo dell’udito stesso segue le fasi “fisiologiche”.
Quanto prima si agisca quanto più l’organizzazione delle informazioni sonore esterne vengono organizzate per un loro corretto utilizzo. La diagnosi tardiva rende tutto molto più faticoso per il bambino, avvicinarlo dopo i 9 mesi all’ascolto dell’ambiente vuol dire che da allora deve cominciare a capire ciò che sente nella gran confusione dei segnali sonori che gli arrivano improvvisamente tutti in gran massa e indistinti.
Fermiamoci un attimo ad ascoltare ciò che avviene in questo preciso istante attorno a noi: c’è il rumore di sottofondo, qualcuno che parla, noi intanto stiamo leggendo e magari c’è la televisione accesa. Il nostro cervello automaticamente però sta facendo una scelta, cioè sta scegliendo di concentrarsi su questa lettura nonostante all’orecchio stiano arrivando segnali anche forti.
Non sottovalutiamo dandolo per scontato tutto ciò, questo è il risultato di un lavoro che è iniziato quando siamo nati, lavoro di scelta complesso ma per il quale in qualche modo “siamo predisposti” a patto che siano efficienti le strutture che ne sono alla base, gli strumenti.
Il bambino ipoacusico che viene a contatto con il mondo sonoro da un giorno all’altro grazie ad un intervento di protesizzazione ha un lavoro enorme da fare… glielo rendiamo certamente più semplice anticipando l’intervento.
Cosa fare per arginare gli effetti dell’ipoacusia? La prevenzione e la diagnosi precoce.
Come abbiamo visto nelle premesse l’iter riabilitativo ed integrativo del bambino sordo e la prognosi in termini di svantaggio sociale sono fortemente influenzati dal fattore tempo, quindi dalla precocità della diagnosi ed del processo educativo.
Le strategie di prevenzione “primaria” e cioè di abbattimento delle cause di sordità sono molto limitate a tutt’oggi e basate essenzialmente sull’educazione e sensibilizzazione sanitaria, sulla profilassi delle principali malattie infettive (le vaccinazioni) e sui progressi nel campo della ricerca genetica audiologica. Sono stati infatti individuati negli ultimi anni due geni (Connexina 26 e Connexina 30) responsabili di sordità congenita ed è oggi disponibile anche in Italia il test per la loro individuazione.
E’ possibile condurre oggi brillantemente la prevenzione detta “secondaria” e cioè l’abbattimento delle conseguenze cliniche e sociali che si concretizza con la diagnosi precoce e il successivo intervento educativo. La diagnosi può essere considerata “precoce” se effettuata e confermata entro i primi 6-8 mesi di vita.
Fino alla metà degli anni ‘90 l’età media di prima diagnosi anche nei Paesi più industrializzati è stata di 30-36 mesi quindi in notevole ritardo rispetto ai tempi di acquisizione fisiologica del linguaggio.
Con l’avvento di nuove tecnologie e con l’avvio di una nuova cultura preventiva la diagnosi si sta anticipando verso i 18-24 mesi ma questa data può essere ulteriormente anticipata: lo screening neonatale con le Emissioni Otoacustiche è effettuabile già nelle prime ore di vita del bambino, non è invasivo, è rapido, specifico, sensibile e basso costo.
Già in molti Paesi europei e negli Stati uniti la metodica è largamente usata, sicuramente su tutti i neonati a rischio audiologico per familiarità, per cause prenatali o immediamente successive alla nascita.
Nel nostro Paese le strutture ospedaliere che effettuano il test delle Emissioni Otoacustiche alla nascita sono circa 50, un numero ancora non soddisfacente ma che, grazie alla sensibilizzazione e alla volontà degli operatori, è in lento ma graduale aumento.
Lo screening uditivo è stato confermato da numerosi studi scientifici internazionali come estremamente utile al raggiungimento del recupero funzionale uditivo ottimale.
Il lavoro eseguito dal nostro istituto su 100 soggetti ipoacusici sui quali la diagnosi è stata effettuata in diverse epoche conferma come i soggetti diagnosticati precocemente e precocemente riabilitati hanno avuto un inserimento sociale e lavorativo di gran lunga migliore rispetto a coloro diagnosticati in epoche successive.
Il buon risultato funzionale è altamente influenzato quindi dalla precoce diagnosi a patto però che alla diagnosi precoce faccia seguito immediatamente l’iter educativo del bambino della sua famiglia: protesizzazione e intervento logopedico specializzato devono essere condotti da personale esperto che inoltre guidi la famiglia e tutti coloro (parenti, insegnanti, ecc.) che interagiranno e saranno figure di riferimento nelle varie fasi della crescita del bambino.
Se queste condizioni si realizzeranno è garantito il recupero totale sociale, scolastico lavorativo diottimo livello nonché uno sviluppo affettivo completo in un ambiente familiare sereno.
Tutti gli sforzi scientifici sono come abbiamo visto essenziali ma non va assolutamente tralasciato che il bambino deficit uditivo ha le stesse potenzialità cognitive e affettive del bambino udente e il nucleo familiare che crescerà insieme a lui sarà un elemento facilitante degli apprendimenti e dello sviluppo globale
Il compito principale del nucleo familiare del bambino con deficit uditivo è non considerarlo come un “orecchio che non sente” ma come un bambino con le stesse identiche potenzialità dell’udente ma che ha e avrà bisogno di particolari appoggi solo strumentali e facilitativi nel corso del suo sviluppo ma la sua affettività e la voglia di conoscere e sapere sarà sempre identica all’udente.
Le fasi successive alla diagnosi di sordità: protesi e impianti cocleari.
Eseguita la diagnosi di ipoacusia e stabilita con ragionevole precisione la sede della lesione è opportuno procedere velocemente all’impostazione della terapia più idonea.
Nel caso di sordità neurosensoriale infantile è necessario che l’audiologo e/o l’otorinolaringoiatra, ma anche altri specialisti e operatori sanitari che in qualche modo sono coinvolti nella diagnosi e terapia dei piccoli pazienti, siano a conoscenza delle attuali possibilità che la tecnologia moderna mette a disposizione per la correzione dei deficit uditivi, da quelli lievi alla sordità totale. Elemento fondamentale per l’impostazione di una corretta terapia è la conoscenza della natura e della sede della lesione. Gli strumenti per la correzione del deficit uditivo neurosensoriale sono tutt’oggi affidate nella maggior parte dei casi alla protesizzazione acustica precoce alla quale si sono tuttavia affiancate negli ultimi anni da un’altra risorsa tecnologica costituita dall’impianto cocleare che indubbiamente ha aperto un capitolo nuovo in quanto costituisce il primo vero organo di senso artificiale impiantabile nell’uomo.
Protesi acustica
Attualmente la protesi acustica non è più considerabile un semplice amplificatore di suoni ma, grazie alla tecnologia microelettronica dei circuiti si è notevolmente perfezionata ed è divenuta un elaboratore di segnali estremamente sofisticato che fornisce all’utilizzatore una amplificazione controllata e confortevole. Nei piccoli pazienti con deficit bilaterale la protesizzazione dovrà essere possibilmente binaurale e ciò per consentire la spazialità dei suoni, la miglior discriminazione della voce nel rumore.
Nel caso di sordità monolaterali è sempre consigliabile non protesizzare ma sottoporre il paziente a controlli semestrali inizialmente e annuali successivamente lasciando a lui stesso, una volta adulto o adolescente, la decisione.
Impianto cocleare
L’impianto cocleare costituisce senza ombra di dubbio uno dei progressi più significativi che la scienza medica e le biotecnologie abbiano mai realizzato: si tratta infatti del primo organo sensoriale artificiale impiantabile nell’uomo.
La protesi acustica amplifica l’energia sonora che poi deve essere analizzata da un organo lesionato (la coclea) la quale costituisce una specie di strettoia per l’informazione, una specie di collo di bottiglia dal quale può passare solo poca informazione; l’impianto coclearie consente invece di stimolare direttamente il nervo acustico superando la sede della lesione; esso è quindi indicato nei casi in cui la lesione sia coclearie e il nervo acustico funzionante.
Tecnicamente è formato da una parte esterna che capta i suoni mediante un microfono e li trasforma in segnali codificati e da una parte impiantata nella mastoide denominata “unità ricevente”; da quest’ultima fuoriesce un supporto con numerosi elettrodi stimolanti che viene inserito all’interno della coclea e stimola così le fibre del nervo acustico. La tecnica chirurgica è ormai messa a punto anche per bambini molto piccoli, di età inferiore a 2 anni e non presenta rischi superiori a qualsiasi intervento sulla mastoide e sull’orecchio medio.
Non tutti i bambini sono candidati all’impianto coclearie è quindi opportuno considerarlo ancora come un sistema da utilizzarsi solo quando il bambino sordosia affetto da un grado di ipoacusia neurosensoriale profondo o totale da non poter trarre che scarsi benefici dalla protesi acustica.
Non sempre però il fatto di non ottenere buoni risultati riabilitativi con la protesi acustica dipende dal grado di sordità ma a volte anche dal fatto che l’udito residuo non è stato adeguatamente sfruttato o per incapacità del bambino ad utilizzarlo o perché non gli è stato insegnato dalla famiglia o dal terapista. La valutazione del sordo profondo non deve quindi limitarsi allo studio della soglia uditiva ma deve anche considerare:
- le abilità cognitive del paziente;
- la metodica riabilitativa seguita;
- il livello di coinvolgimento della famiglia nel training riabilitativo;
- l’età entro la quale applicare l’impianto.
La mancata analisi di queste variabili può portare da una parte all’impianto in soggetti che non ne potranno trarre alcun beneficio perché incapaci di sfruttare sia le vecchie che le nuove afferenze uditive e dall’altra alla distruzione di coclee potenzialmente sfruttabili con metodiche non invasive.
In ogni caso è utile ribadire che l’impianto coclearie fornisce delle nuove capacità uditive al sordo, capacità che però non servirebbero assolutamente a nulla se non fossero presenti le condizioni per trasformarle in prestazioni reali.
L’età minima di intervento non è generalmente inferiore ai 2 anni. Nel periodo di tempo che intercorre tra la diagnosi e l’intervento si ritiene indispensabile effettuare un training riabilitativo di tipo moralistico.
Riassumendo: il candidato all’impianto è un soggetto affetto da sordità profonda o totale le cui limitate prestazioni uditive siano legate unicamente a fattori uditivi poiché non presenta problemi neurologici o disfunzioni delle strutture uditive centrali, rieducato precocemente con metodo moralistico; vive in una famiglia consapevole del problema e che partecipa attivamente al programma riabilitativo; possiede una memoria uditiva sufficiente oppure una plasticità cerebrale adeguata ad elaborare nuovi stimoli uditivi.
testo a cura di S.Passi